Nel contesto della diffusione del Coronavirus, l’utilizzo dei supercomputer può affiancare la ricerca tradizionale, accorciando i tempi per lo sviluppo di farmaci.
Oggi, infatti, una delle grandi sfide della comunità scientifica internazionale riguarda l’”urgent computing”: relativo all’utilizzo dei più potenti supercalcolatori mondiali per supportare la ricerca quando, in condizioni di emergenza, il tempo è strettissimo, e le variabili in campo diventano troppe per poter contare solo sulle risorse della ricerca tradizionale.
Uno dei campi di applicazione dell’urgent computing è appunto la corsa contro il tempo per contenere la diffusione del Coronavirus.
Da un punto di vista italiano, nei confronti del COVID-19 la ricerca ha già messo in campo le proprie eccellenze, attraverso il lavoro dei ricercatori dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Spallanzani di Roma ed ora è pronta a raccogliere la sfida anche da un punto di vista computazionale. Ciò sarà possibile tramite il supercomputer per la ricerca scientifica più potente in Italia: Marconi.
Questo strumento potentissimo è in grado di svolgere milioni di miliardi di operazioni al secondo e, già dall’inizio di febbraio, è stato programmato per lavorare sui dati del sequenziamento del Coronavirus messi a disposizione dai ricercatori internazionali.