Nel periodo di emergenza legato al Coronavirus lo Smart Working è stato ampiamente apprezzato da lavoratori e manager di tutti i settori.
Questo è valso anche per i dipendenti del Personale ATA, il cui 60% – secondo un’indagine specifica svolta da CGIL e Fondazione Di Vittorio – vorrebbe proseguire l’esperienza di lavoro agile anche dopo l’emergenza.
Difatti, per l’88% degli impiegati della Pubblica Amministrazione questa è stata un’opportunità di successo, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione, che prevarrà anche una volta finita la crisi.
Nello specifico lo Smart Working ha permesso al 69,5% del personale della P.A. di “organizzare e programmare meglio il proprio lavoro”, al 45,7% di “avere più tempo per sé e per la propria famiglia” e al 34,9% di “lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione”.
In 7 casi su 10 è stata assicurata la totale continuità al lavoro e per il 41,3% dei lavoratori l’efficacia è persino migliorata.
Proprio a fronte di questi benefici, i sindacati chiedono una regolamentazione nella contrattazione nazionale e aziendale. Questo al fine di definire l’organizzazione del lavoro riguardante gli orari, le pause, il diritto di sconnessione, le condizioni ambientali e di sicurezza, la dotazione tecnologica e tutto ciò che riguarda i diritti sindacali.
L’obiettivo della Ministra Dadone
Sebbene gran parte dei dipendenti ATA apprezzi lo Smart Working, il 66 % di loro ritiene che questo debba essere integrato con dei rientri in ufficio organizzati e funzionali.
A riguardo Fabiana Dadone, la Ministra della Pubblica Amministrazione, ha recentemente dichiarato che: ”Il lavoro agile, o Smart Working, si è rivelato uno strumento chiave nel periodo cruciale dell’emergenza sanitaria, che ha consentito il proseguimento delle attività amministrative necessarie da parte degli uffici e dei lavoratori pubblici e, al contempo, il contenimento e la protezione dal contagio. Ciò ha riguardato, naturalmente, quei lavoratori per i quali lo svolgimento delle attività è potuto proseguire a distanza; siamo coscienti e riconoscenti dell’impegno profuso dalle categorie che sono state in prima linea nel combattere l’emergenza sanitaria”.
L’auspicio è di avere una P.A. più flessibile grazie ad un’esperienza professionale che non venga vista soltanto come un’eccezione dovuta alla situazione di emergenza.
Per questo, sempre la Ministra Dadone ha rimarcato l’aspetto secondo cui “…nell’ottica di accelerare l’innovazione organizzativa come presupposto per incrementare il ricorso al lavoro agile nella fase successiva all’emergenza, ciascuna amministrazione è chiamata ad implementare azioni di analisi organizzativa, di monitoraggio e di semplificazione delle procedure, oltre a quelle di investimento nelle tecnologie informative e di sviluppo delle competenze”.
Pertanto, secondo queste dichiarazioni, una volta tornati alla normalità almeno il 40% degli impiegati pubblici dovrà adottare una modalità di lavoro agile.
Un’occasione da sfruttare per gli ATA
Nonostante queste speranze, nei fatti, sarà difficile applicare in maniera definitiva questo modello lavorativo per il personale ATA nelle scuole, a differenza della didattica a distanza attuata dai docenti e dal distanziamento che sarà applicato nelle aule una volta tornati a scuola.
Tuttavia, sarebbe auspicabile, come sostenuto dalla Ministra Dadone, che ciascuna Amministrazione valutasse e definisse le attività esercitabili da remoto in modo tale da decongestionare la presenza di personale in ufficio, adottando per esempio le modalità di Smart Working in giorni prestabiliti.
Per questo, la gestione della fase 2 può oggi rappresentare l’occasione per rendere più efficaci le nuove modalità di lavoro, dimostrandone i benefici.
In questo modo la fine dell’emergenza non sarà per la P.A. un ritorno al passato, ma piuttosto un nuovo inizio da affrontare con modelli di lavoro più flessibili, efficienti e sostenibili.
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